Nel voler raccontare i percorsi del ciclismo non c’è compito più difficile di provare a parlare del traguardo trascurando volontariamente il percorso. In questo racconto capovolgerò le regole.
La meta non sarà più la bugia che ci “obbliga” a percorrere le strade, oltrepassare i ponti, affrontare le salite e trattenere il fiato in discesa ma diventerà la precisa protagonista della storia.
La strada curva con morbida decisione verso sinistra. Illuminati da un sole color ambra i monti Musi formano un’imponente muraglia.
La loro verticalità mi colpisce così inaspettatamente che per un attimo ho l’illusione di essere nel punto più basso di un canyon dove il cielo è fatto di erba, gli alberi crescono alle pendici e scivolano verso la piana di Monteaperta lasciando spazio solo alla collina di prato sulla sommità della quale si erige la chiesetta della Santissima TRINITÀ. Piccola, semplice, antica, bianca, delicata.
Inno dell’uomo all’amore per la Madonna, cantico architettonico alla natura, celebrazione dell’equilibrio tra cielo e terra.
Guardo la strada che conduce al suo ingresso e decido di affrontare in sella l’acciottolato di sassi.
A pochi metri dalle sue piccole porte mi rendo conto che quel delicato gioiello racchiude tra le sue pietre la fierezza e la forza degli abitanti di questo lembo di terra cosi antico e caparbio da saper preziosamente conservare dopo oltre un millennio il dialetto slavo del Torre.

Cammino nella navata del 1455. La purezza del suo bianco, la fragilità dei residui degli affreschi ritrovati dopo il terribile terremoto del 1976, la semplicità dell’altare e la potenza emotiva dei cuori votivi appesi su una delle pareti mi avvolgono.
Mi siedo su una delle sue panche e provo ad ascoltarmi.
“Andrea, eccoti”.
Decido allora di uscire e lasciarmi investire dalla divinità della natura che circonda la chiesa.
Riempio la borraccia d’acqua alla fontana degli alpini e riparto verso le salite che conducono qui dalla pianura e dalle vallate vicine.
Sono una più bella dell’altra ma non è questo il tempo di parlarvene. Questa è la storia di una meta.
“Le due orme, del tutto simili, hanno fatto nascere la leggenda dell’apparizione della Madonna a dei pastori […]. A testimonianza della sua presenza, avrebbe lasciato impressa l’orma del proprio piede sopra un masso e nello stesso tempo avrebbe espresso il desiderio di avere ivi dedicato un santuario. Siccome a quella altezza e a quei tempi (1400) non sarebbe stato facile realizzare un’opera del genere, la Madonna avrebbe accondisceso ad indicare – in una seconda apparizione e con una seconda impronta – una località meno disagevole e più vicina all’abitato, che sarebbe appunto il luogo oggi denominato AL PIEDE DELLA MADONNA”
[Carlo Noacco - Maestro elementare. Con le sue ricerche, i suoi scritti e la sua passione mantiene viva la storia di Monteaperta]